Comune di Paroldo

Turismo a Paroldo

Camminando nella storia

 

Si avvia quindi un sistematico piano di colonizzazione, attraverso l’attribuzione di territori alle singole famiglie romane. Proprio a questo proposito è d’obbligo citare il primo reperto storicamente accertato di Paroldo: una lapide romana che ancora oggi funge da scalino d’ingresso alla chiesa di San Martino. Trattasi di una lastra sepolcrale di un romano della gens Publilia, vissuto intorno al I secolo d.C.
I romani portarono anche la propria religione, che però non ebbe moltissimo tempo per prendere piede in queste zone, perché già nel IV secolo d.C. inizia la diffusione della religione cristiana, avvenuta in Liguria nel sud Piemonte grazie soprattutto alla predicazione di San Martino vescovo di Tours (316-397). Non a caso proprio a lui è dedicata la chiesa parrocchiale di Paroldo.
Altro passo in avanti: l’Impero Romano vive inesorabilmente il proprio declino e il suo indebolirsi da’ via libera alle invasioni dei barbari, che trasformarono praticamente tutto il nord Italia in terra di saccheggio. Fra gli altri nella Langa scorrazzarono le orde di Visigoti, dei Longobardi (che crearono il ducato di Asti, di cui faceva parte Paroldo) e infine dei Franchi di Carlo Magno, sotto i quali fu creata la contea di Alba, che comprendeva Paroldo.
Il Sacro Romano Impero di Carlo Magno purtroppo non durò a lungo, frammentandosi rapidamente in una miriade di feudi sovente in lite fra di loro e facile bersaglio, in Liguria e nel sud del Piemonte, delle scorrerie dei saraceni. Non a caso nei documenti dell’epoca la zona delle Langhe viene definita “il Guasto” o “Vasto”. Intorno all’anno 1000, debellato il pericolo saraceno, il Piemonte fu suddiviso in quattro “marche”, e ad Aleramo spettò la marca di Savona, che comprendeva le Langhe, l’astigiano e il Monferrato. Capostipite dei marchesi del Vasto e del Carretto, intorno a lui fiorirono molte leggende, connesse ai suoi amori con la figlia dell’imperatore Ottone I, Adelasia.
I marchesi del Vasto si suddivisero in diversi rami genealogici (in una di queste spartizioni, avvenuta nel 1170, viene per la prima volta citato Paroldo), spesso in lotta fra loro per motivi di successione, e il loro territorio si frantumò in una serie di feudi: è un’epoca confusa per chi voglia studiarla, si pensi per chi ci viveva: sovente i paesi si trovavano sballottati da un vassallo all’altro o alleati con chi fino al giorno prima era un nemico (fra l’altro era normalissimo che un paese, con tutti i suoi abitanti, fosse venduto da un feudatario all’altro). Paroldo (nei testi dell’epoca chiamato Palodo o Pallodio) fu assegnato al marchesato di Ceva, ma passò fra gli altri al comune di Asti prima, e ai marchesi del Carretto poi. Questi ultimi furono di volta in volta  in lotta con Genova, Asti, e persino fra appartenenti alla loro stessa casata, nelle complicate divisioni dinastiche fra i rami di Finale, Savona, Zuccarello, Bagnasco e Ceva. Sotto il marchese Galeotto II del Carretto, nel 1474, Paroldo ottenne gli statuti comunali, una serie di norme sulla vita civile dell’epoca, nelle quali venivano regolamentati i rapporti fra i cittadini e il castellano, si sanciva quali comportamenti fossero da ritenersi reati e come dovessero essere puniti, e infine si stabilivano le regole per l’amministrazione del paese.
Paroldo appartiene quindi ai marchesi del Carretto che nel XVI secolo, durante le guerre fra la Spagna e la Francia (nelle quali l’Italia conferma la sua triste tradizione di terra di saccheggio), hanno la fortuna di appoggiare il vincitore, Carlo V d’Asburgo, venendone ricompensati col l’allargamento dei propri possedimenti, ma ora come vassalli della casa Savoia.
La complicata situazione feudale faceva infatti sì che l’Imperatore avesse i suoi vassalli (nel nostro caso i Savoia), i quali avevano altri feudatari a loro sottoposti (i marchesi del Carretto), mentre nei piccoli borghi come Paroldo ci fosse un semplice castellano.
 
A Paroldo probabilmente fin dal Medioevo c’era infatti un castello arroccato sulla collina più alta del paese, in una posizione strategica e centrale, circondato da una cerchia di mura nella quali era racchiusa anche la chiesa del castello (che altro non era che l’attuale Chiesa di San Sebastiano). Dal XVII sec. il castello di Paroldo attraverserà purtroppo un progressivo ed inarrestabile degrado che ne causerà il crollo: oggi sono visibili solo alcuni resti delle fondamenta, probabilmente e altre pietre furono utilizzate per la costruzione di alcune case del paese.
Una vita ben poco tranquilla: saccheggi, lotte fra feudatari, guerre fra comuni; e purtroppo l’elenco non finisce qui: non mancavano le periodiche carestie a perseguitare i cittadini dell’epoca e, ultime ma non meno terribili, le epidemie di peste che in quei secoli imperversarono; basti dire che ben due chiese di Paroldo sono dedicate a due santi ritenuti protettori da questa malattia, san Rocco e S. Sebastiano.

Proseguendo nella storia, all’inizio del ‘700 assistiamo all’estinzione del ramo di Bagnasco dei marchesi del Carretto, a cui faceva capo Paroldo e vediamo come dopo varie dispute il feudo sia assegnato ai marchesi di Biandrate, i Coardi di Carpeneto, che però non si interesseranno molto alle loro nuove proprietà.
Altro passo in avanti negli anni e si giunge così all’epoca napoleonica, che vede proprio nella campagna d’ Italia del 1796 svolgersi alla Pedaggera una terribile battaglia fra l’esercito francese e quello austro-piemontese (battaglia oggi commemorata con un cippo e da un sentiero napoleonico che ripercorre il tragitto compiuto dalle armate francesi per raggiungere la zona delle trincee nemiche).
 
In tale scontro le truppe francesi furono respinte, ma gli austro-piemontesi furono costretti a causa della scarsità di munizioni a ripiegare. Conquistata in tal modo dall’esercito napoleonico, la Langa, salvo una breve parentesi, fu dominata fino al 1815 dai francesi che, per quanto non sempre ben accettati dagli sconfitti, introdussero, fra le altre cose, il nuovo catasto urbano, abolirono i titoli nobiliari e i privilegi ecclesiastici, assegnando i terreni di queste due categorie ai contadini. Ovviamente non furono tutte rose e fiori: ad onor del vero occorre anche dire che introdussero una serie di nuove tasse, oltre alla coscrizione obbligatoria.
 
Sconfitto Napoleone si cercò di ripristinare l’ordine costituito precedente la sua venuta, con il ritorno dei nobili. Nell’ambito paroldese la restaurazione comportò il ritorno dei marchesi Coardi di Carpeneto, che però vendettero la proprietà di Paroldo a un privato, il quale accettò di liberare il paese dalle tasse in cambio del pagamento di una somma una tantum, mantenendo il titolo abbastanza simbolico di castellano.

Per tutto l’800 e il ‘900 Paroldo continuò nel suo parziale isolamento (tutte le strade circondavano il paese senza attraversarlo e raggiungere le cittadine più vicine era un compito abbastanza laborioso), alleviato solo nel 1887 con la costruzione della strada di collegamento con Ceva, strada che però sarà asfaltata solo nella seconda metà del ‘900. Nel corso del tempo vennero intrapresi alcuni interventi di miglioramento, quale la costruzione del nuovo edificio comunale, sede anche delle scuole (costruito nel 1892 nell’area dove adesso sorge la Pro-Loco). Alla fine dell’800 Paroldo tocca il suo punto massimo di popolazione: 780 abitanti, traguardo ottenuto nonostante un notevole fenomeno di emigrazione, in particolar modo negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale e nel periodo fra le due guerre, verso la Francia, l’Argentina, l’Uruguay e gli Stati Uniti d’America.

La Seconda Guerra Mondiale vide anche a Paroldo il verificarsi di episodi di lotta partigiana, in particolare quello della Pedaggera, e di rappresaglia fascista.
Proprio sotto il fascismo Paroldo fu accorpato a Ceva e solo nel 1947 riuscì a tornare comune autonomo.
La popolazione paroldese ebbe una brusca riduzione negli anni 60 e 70 a causa della riduzione delle nascite ma soprattutto per via del trasferimento di molti abitanti in centri urbani più grandi. La vita contadina non garantiva più il sostentamento di molte famiglie, mentre la città e la possibilità di trovar lavoro nelle fabbriche sembravano offrire maggiori opportunità. Si passa così dai 600 abitanti degli anni ’50 ai 300 circa degli anni ’80, ma per fortuna lo spopolamento si è arrestato. Negli ultimi anni, anzi, si assiste ad un fenomeno di crescita demografica, seppur lenta, dovuto alla riscoperta dei piccoli paesi, della loro tranquillità e del loro stile di vita a misura d’uomo. Paroldo non è più un paese isolato, nuove strade (la strada dei Marroni e quella dei Viora) uniscono le borgate, e per migliorare la vita dei paroldesi sono stati effettuati notevoli lavori: ad esempio nel 1975 fu edificato un nuovo municipio dove per un certo periodo ebbero sede le scuole e alcuni anni dopo fu aperta anche la casa di riposo San Giuseppe.